Diario dei laboratori – Trasformazione e forma I

Report di Marianna Costanza

Due giornate che hanno senza dubbio lasciato la loro traccia nel profondo, quelle di questo laboratorio condotto dal Maestro Axel Rutten, Artista ed Arteterapeuta. Spero di riuscire attraverso le parole a rievocare le vibrazioni che ci hanno accompagnato nel corso dell’esperienza. E’ per me una grossa responsabilità restituire il resoconto di tutto quello che è stato sapientemente detto e fatto, poichè le parole, esattamente come la materia, hanno un peso, un valore che non va assolutamente trascurato.
Trasformazione e Forma: termini apparentemente semplici che celano un’estrema profondità, esattamente come ogni singola esperienza vissuta durante il laboratorio. L’argilla, elemento principe delle due giornate, ci ha svelato più della sua essenza…
Per quanto mi riguarda, sono stata guidata verso un cammino introspettivo, alla ricerca dell’identificazione dei miei limiti, i miei bisogni, di qualcosa di me che ancora non conosco. Il contatto con la materia e la “relazione” con essa, avvenuta in modo molto naturale ed istintivo, mi hanno condotto in una situazione di totale benessere.
Tengo a sottolineare il ruolo preponderante che hanno giocato le tematiche affrontate, la distruzione, la riparazione e la trasformazione, esaminate non solo da un punto di vista pratico, ma anche da quello metaforico, lasciandoci nuove conoscenze e suggerimenti su come sia possibile porci nei confronti del nostro futuro lavoro di arteterapeuti.
In una prima fase di “presa di coscienza” della materia abbiamo potuto apprezzare le caratteristiche principali di morbidezza, freschezza e malleabilità dell’argilla, ed oltre a creare una sintonia con la stessa, abbiamo assaporato la bellezza del momento…le parole del Maestro ci hanno permesso di arrivare ad un tale livello di concentrazione da permettere una sorta di dissociazione del pensiero dall’azione concreta.
Le mani continuavano a lavorare senza alcun condizionamento mentale, affondando liberamente all’interno della materia, per il puro ed esclusivo piacere di farlo. Da questo contatto e dal silenzio sono nate le nostre prime opere.
Dopo una prima verbalizzazione ci siamo addentrati un po’ di più nella creazione del manufatto. Qui l’elaborato è stato sottoposto alla prima trasformazione.
Nel mio caso, il lavoro non ha subito un grande cambiamento, ma ha assunto una dimensione di maggior stabilità e robustezza, aspetto sul quale sono tornata a riflettere per molto tempo…anzi…ancora ci penso…
Probabilmente la materia mi stava “parlando”, la mia opera aveva decisamente bisogno di una base solida, di avere una struttura maggiormente robusta, così da non dover rischiare la “caduta”…ma questa sono anch’io!!!
In questo frangente mi sono davvero resa conto della potenza di questa pratica artistica e di quanto essa possa essere immediata, sia nella manipolazione finalizzata alla relazione, che nella “rivelazione” di ciò che è nascosto nel profondo di ognuno di noi e che molto spesso non conosciamo o ri-conosciamo neppure noi stessi.
Nella seconda giornata le opere hanno subito un ulteriore cambiamento, questa volta però con maggiore carica intellettiva, dal momento che nella consegna ci è stato esplicitamente chiesto di focalizzare il nostro sguardo e il nostro interesse su una parte del manufatto e di aumentarne le dimensioni, senza tralasciare l’azione trasformativa.
Così, carichi di energia, concentrati ognuno su se stesso e sul proprio elaborato, ci siamo cimentati in questa nuova fase, facendoci accompagnare dalla materia stessa in un’atmosfera quasi mistica, in cui a dominare era l’energia del setting.
Conclusa questa ulteriore rielaborazione, a turno abbiamo presentato l’opera del compagno più vicino, esaltandone solo le caratteristiche estetiche, senza scendere troppo nel profondo.
Ho molto apprezzato questo tipo di esercitazione, in quanto ci ha permesso di metterci alla prova sul piano relazionale. Ascoltare, dare all’altro la libertà di confidarsi, ma anche sentirsi capiti senza bisogno di conoscersi da tempo ed “essere letti” attraverso una rappresentazione di Se’.
In seguito il Maestro ci ha parlato un po’ di tecnica della modellazione, ma ovviamente anche questa fase celava altro.
Partendo dalla composizione della materia, passando per mille analogie tra questa e la nostra natura, percorrendo le sue infinte possibilità trasformative, siamo arrivati alla fase dello “svuotamento”, che precede la fase conclusiva del processo di elaborazione dell’argilla, ovvero la cottura. Lo svuotamento serve ad alleggerire la massa conservando la stabilità dell’elaborato.
In questa fase si cerca di eliminare tutte le bolle d’aria presenti nell’argilla, che potrebbero causarne la frantumazione in fase di cottura.
Prendersi cura di una scultura ci insegna a prenderci cura di qualcosa…che sia l’altro o noi stessi, è comunque si tratta in ogni caso di un passaggio fondamentale.
Modellare la materia infinite volte, senza la paura di sbagliare perchè è sempre tutto recuperabile, anche le crepe, i buchi e le possibili cadute di massa, è un ulteriore metafora che esplicita la possibilità di tentare di cambiare ciò che non va bene nella propria vita, alla ricerca di una situazione di equilibrio e di benessere psicofisico.
Infine, lo svuotamento, che ci conduce verso una sostanziale guarigione dell’anima…svuotarsi di qualcosa che ci appesantisce e che quindi è una zavorra inutile, se non addirittura dannosa, rimpiazzandolo con qualcosa d’altro, qualcosa di più leggero, come la mera soddisfazione di essere rimasti “integri”.
Grazie quindi ad Axel Rutten e a tutti coloro che hanno reso indimenticabile quest’esperienza.
Anche il mio pancione ringrazia.



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