Una possibilie definizione di Danzaterapia

L’American Dance Therapy Association, definisce la danzaterapia, oggi Danza Movimento Terapia, come “l’utilizzazione terapeutica del movimento in quanto processo per aiutare l’individuo a ritrovare la propria unità psico-corporea”.

In Italia le prime esperienze di DMT risalgono agli anni Settanta. Nel 1997 nasce l’APID (Associazione Professionale Italiana Danza Movimento Terapia) che propone la seguente definizione: “la Danza Movimento Terapia, attraverso le risorse del processo creativo, della danza e del movimento, è una disciplina specifica orientata a promuovere l’integrazione fisica, emotiva, cognitiva e relazionale, la maturità affettiva e psicosociale, il benessere e la qualità della vita della persona. La sua specificità è rappresentata dal linguaggio del movimento corporeo e della danza” (Art. 2, Statuto Apid). Possiamo, dunque, asserire che la DMT favorisce, attraverso il movimento, il gesto e la relazione, la crescita della consapevolezza e l’ascolto di quei movimenti vitali interni che ci aprono alla dimensione dell’ascolto e alla dimensione creativa. Attraverso l’esperienza diretta di sensazioni, emozioni movimento, gioco corporeo, è possibile riaprire quei canali sensoriali che rappresento la chiave di accesso per l’ascolto dei nostri bisogni e quelli degli altri.
La DMT è utilizzata come terapia primaria o integrata in un lavoro di equipe, in setting individuale o di gruppo, per trattare diverse utenti di fasce di età, un ampio range di bisogni e patologie, tra cui i disturbi d’ansia, depressione, abusi di sostanza, abusi fisici e/o mentali, disturbi dell’alimentazione, problemi di intimità nella relazione, scarsa stima di se, autismo, ritardo mentale, schizofrenia, problemi connessi alla età evolutiva e alla maturità.
Al di là della dimensione terapeutica è riabilitativa, la Danza Movimento Terapia esprime anche competenze e tecniche rivolte allo sviluppo delle risorse umane, alla prevenzione del disagio psicosociale, alla formazione e al lavoro educativo.

Tratto da “Manuale di Arti Terapie” pag. 234, a cura di Stefano Centonze.



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